CAVE
DI CUSA
Situate
non troppo lontano da Selinunte, le cave erano le prime fornitrici
di materiale per i templi della città e, più precisamente,
data la grandezza dei blocchi estratti, per il tempio G. La pietra,
un tufo compatto e resistente particolarmente adatto alla costruzione,
venne estratta per più di 150 anni, a partire dalla prima
metà del VI sec. a.C.
L'interruzione dei lavori, dovuta alla guerra che Selinunte dovette
affrontare contro l'ira cartaginese (con la conseguente distruzione
della città), fu improvvisa. Le cave vennero abbandonate
nell'arco di pochissimo tempo e così le abitazioni di coloro
che vi lavoravano. E questa una delle caratteristiche peculiari
del luogo ove giacciono ancora, metà scavati, gli enormi
rocchi destinati ai templi. Il considerevole numero di questi blocchi
permette di stabilire che le persone impegnate nelle cave erano
circa 150. La tecnica di estrazione era lunga e complessa. Dopo
aver tracciato la circonferenza o il perimetro del pezzo da estrarre,
si ricavava un doppio solco esterno, profondo circa mezzo metro,
per permettere agli scalpellini di lavorare più agevolmente
(il cosiddetto canale di frantumazione). Il blocco veniva lavorato
in loco e direttamente scavato nella roccia. Gli utensili impiegati
erano picconi, seghe di bronzo e cunei. Per spaccare gli strati
più duri venivano utilizzati cunei di legno inseriti in fori
e successivamente bagnati perchè gonfiandosi, rompessero
la pietra. Una volta terminato, il blocco veniva staccato dal fondo,
estratto tramite argani (i blocchi più leggeri) o fatto scivolare
su piani inclinati (in questo caso la parte anteriore dello scavo
veniva rimossa), I profondi solchi a forma di U che si possono notare
in alcuni blocchi squadrati servivano proprio a far passare la corda
per sollevarli (se ne vedono anche ad Agrigento, nel tempio di Giove).
Molti blocchi presentano invece buchi di forma quadrata alle due
estemità. Qui venivano fissati dei perni per facilitare lo
spostamento e [a messa in posa. Per il trasporto si utilizzavano
armature lignee dotate di ruote e trainate da buoi e schiavi. Una
pista larga e rocciosa congiungeva le cave a Selinunte, distante
12 km.
Il nome attuale delle cave deriva da quello del proprietario del
terreno su cui vennero scoperte.
VISITA
Le cave si trovano a 3 km da Campobello di Mazara, verso sud, Seguire
le indicazioni.
Grandi
massi cilindrici sparsi sul terreno o ancora da estrarre (se ne
contano più di sessanta) caratterizzano questa cava lunga
1.8 km che si estende da est ad ovest lungo un costone.
Alcuni rocchi completamente scavati, pronti al trasporto, altri
appena accennati, con quel solco esterno che rendeva più
facile il lavoro degli scalpellini caratterizzano il primo tratto
della cava. Verso la fine, invece, si può vedere un capitello
rozzo. E un masso cilindrico, con la base quadrata che nella parte
superiore presenta dodici cunei che dovevano servire a ricavare
l'echino. Le fenditure mostrano ancora il segno delle picconature.
A Selinunte, alle rovine del tempio A, si possono vedere esempi
di capitello finito, formato da una base quadrata che serviva da
appoggio alla trabeazione, dall'echino e dalla parte terminale della
colonna.
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